Peace and Love: Incontri Mediterranei

A cura:
Proff. Eugenio Giustizieri, Maria Cristina Maritati, Massimo De Luca.
Mostre personali di: Giorgio De Cesario, Domenico Pinto.

Altre luci, oltre alle luminarie di Santa Cristina, brilleranno nel panorama artistico-culturale di Gallipoli.
Sono quelle de “La Casa degli Artisti” che, nella settimana dal 22 al 29 luglio, ha organizzato nelle proprie aree
espositive il grande evento di Mezza Estate “PEACE AND LOVE – INCONTRI MEDITERRANEI”. Il primo appuntamento della manifestazione è domenica 22 luglio alle ore 21.

Durante la serata saranno inaugurate due mostre di grande rilevanza nazionale: “La Corte di Federico II di Svevia” dell’artista-ceramista grottagliese Domenico Pinto, esperto di tradizioni pugliesi e studioso del periodo federiciano, e “Il Volo Negato”, comprendente le ultime opere pittoriche e scultoree dell’artista Giorgio De Cesario, reduce da significative esperienze in parallelo alla 52esima Biennale di Venezia nel Progetto Collaterale 13×17 Padiglioneitalia.it, presentato da Philippe Daverio, e all’VIII Edizione di Creativa, a cura dell’Associazione “Oltre i Limiti”, di Rignano sull’Arno (FI).

Le ceramiche che Pinto presenterà sono il risultato di una sua approfondita ricerca storica sugli usi e i costumi
nella corte di Federico II di Svevia, non a caso definito “stupor mundi”. La Prof.ssa Cristina Pagliarini, che
introduce l’opera dell’artista, afferma tra l’altro:”…in questo suo discorso innovativo, Domenico Pinto è partito
dalle tradizionali “pupe” grottagliesi, bottiglie dalla figura femminile nelle quali si conservava il rosolio,
e le ha trasformate in personaggi federiciani modellando sapientemente la terracotta, curando i dettagli, giocando
con il simbolismo;…ed ecco rivivere il fedele funzionario Pier delle Vigne, i suoi guerrieri e soprattutto le sue
donne: la madre Costanza d’Altavilla, la prima moglie Costanza d’Aragona e poi ancora Iolanda di Brienne e Bianca
Lancia con cui Federico ebbe una storia…”.

Giorgio De Cesario,artista poliedrico, oriundo matinese trapiantato a Gallipoli, è l’ideatore de “La Casa degli
Artisti”, sua casa-museo e galleria permanente, dove nello stesso tempo ospita gratuitamente espressioni artistiche
di vario genere e disciplina per fare emergere nuovi messaggi culturali.

In questa occasione egli presenta le sue ultime opere, che, se paragonate con le precedenti, si distinguono forse per una maggiore essenzialità del segno, anche se i volti in rilievo e in argilla continuano ad essere il leit-motiv che accomuna le vecchie esperienze e le nuove. Il critico Eugenio Giustizieri, che presenta la mostra di De Cesario, commenta:” La sua è epopea avvincente che, nonostante tutto, trasuda voglia di vivere, rimpiange tutto ciò che c’è da rimpiangere, senza evitare di affondare la lama negli errori e nelle ingenuità dei nostri anni. Troppo frettolosamente messi in archivio. Intensità, vicinanza, dolore, solitudine e compostezza rappresentano le coordinate di una umanità che esiste, e crede, e spera, e si arrende.

Senza far rumore, col grido che resta sospeso in gola”. E comunque, oltre a Pinto e De Cesario, anche il Salento con la sua
poliedricità culturale, vuole essere un grande interprete di tutta la manifestazione.  Sul Terrazzo Panoramico infatti, nel corso della serata inaugurale , interverrà la Compagnia Teatrale degli ARMONAUTI presentando, in anteprima, degli sketch tratti dallo spettacolo ” Mi Faccia Ridere” a cura del Prof. Salvatore Coluccia.

La serata del 24 luglio poi sarà dedicata alla pizzica con l’esibizione del gruppo Artena, il 28 luglio ci saranno i balletti della Scuola di Ballo Betty Boop ed infine il 29 luglio la manifestazione si concluderà con una sfilata di moda a cura dello stilista salentino Misalè. La degustazione di prodotti tipici locali farà da sfondo a tutti questi appuntamenti.

Maria Cristina Maritati

GIORGIO DE CESARIO : IL VOLO NEGATO

Quando si ha il coraggio di esplorare la propria vita, allora si può guardare anche a quella degli altri e
soffermarsi, con uguale, dolorosa naturalezza sulle ferite aperte, sulle piaghe che mai potranno rimarginarsi e
su bocche spalancate che annunciano nascite e morti.
E’ questa straordinaria sincerità morale a rendere emozionante ed incredibile la produzione artistica di Giorgio
De Cesario. E’ una storia a ritroso, dipinta e scolpita dall’oggi allo ieri, scavando oltre le radici insospettate
dell’infelicità del presente. Alla fine, nulla resta della storia dei volti e delle maschere, a parte la memoria di
una sconfitta necessaria. Su questa sconfitta si apre la ricerca dell’artista. Con crudele semplicità la
composizione ne elenca i termini mediante le applicazioni e manipolazioni di oggetti tratti dal passato.
Già, il passato. Il pensiero può permettersi di andare a ritroso, di scavare nei gesti, negli sguardi di un volo
negato, nelle parole di un giorno, di un anno, di una vita precedente. Non è un banale flashback, quello scelto
dall’artista. Sono frammenti selezionati in ordine inverso, dal più vicino al più lontano, per scoprire come tutto è
iniziato e poi concluso. L’emozione più forte è vedere, in entrambi i casi, la teoria alla prova dei fatti,
l’intuizione che diventa linguaggio, la sperimentazione che crea un nuovo mondo di immagini, in grado di essere
captate da ciascuno.
De Cesario coglie il mondo alla sprovvista, usa il frammento per scardinare una realtà ancora più vera di quella
che appare nel quotidiano. Così continuamente si ricrea la funzione metaforica del linguaggio, figure di uomini
vuoti, impagliati che hanno commesso l’errore di credere che il progresso proceda in linea retta. Ma hanno preteso
troppo, hanno voluto mordere un boccone troppo grande per le loro bocche. Così, da un’esistenza in technicolor,
dalla conoscenza attraverso gli eccessi, dalla libertà radicale, sono passati di colpo alla sconfitta.
E’ una sconfitta che l’artista racconta con impeto ed energia, ma anche con una meravigliosa serenità, quasi
infantile, e una profonda sensibilità psicologica, concretizzando l’impressionante capacità di restituire il clima
della nostra epoca e i sussulti del cuore di personaggi ricchi di sfumature, di slanci, di cammini intrapresi e mai
interrotti.
La sua è epopea avvincente che, nonostante tutto, trasuda voglia di vivere, rimpiange tutto ciò che c’è da
rimpiangere, senza evitare di affondare la lama negli errori e nelle ingenuità dei nostri anni.
Troppo frettolosamente messi in archivio. Intensità, vicinanza, dolore, solitudine e compostezza rappresentano le
coordinate di una umanità che esiste, e crede, e spera, e si arrende. Senza far rumore, col grido che resta sospeso
in gola.
De Cesario centra il bersaglio del silenzio e, all’astuzia dei potenti, degli accademici, delle ideologie,
contrappone l’attesa della rivelazione del reale, la sua infermità, la sua complicità con gli uomini semplici,
la sua attenzione all’ignoto, dentro e fuori di sé. Tutto è pervaso da uno spirito misterioso e visionario;
un impalpabile filo rosso aggrega i cieli evocati di un qui e di un altrove sconvolti e, con insolita semplicità,
lancia il suo messaggio all’osservatore senza eccedere in retorica, in una sorta di gioco illusionistico che non può
che lasciare sgomenti.
E’ la storia che lacera l’uomo in fantasmi e lascia affiorare le debolezze di un’emozione irripetibile e, a tratti,
selvaggia. E’ il silenzio di voci smorzate che lascia affiorare la debolezza umana, la sua vulnerabilità,
la sua sofferta fantasia, fino ai presagi di morte. Il destino di chi è santo e dannato, angelo e demone.

EUGENIO GIUSTIZIERI

DOMENICO PINTO : LA CORTE DI FEDERICO II DI SVEVIA

Domenico Pinto opera nel suo studio d’arte, nel cuore dell’antico quartiere delle ceramiche di Grottaglie e ben
rappresenta la tradizione ceramica grottagliese ma da diversi anni, ormai, con instancabile fervore, è uscito
dalla quotidianità per reinterpretare con spirito nuovo la tradizione locale.
La produzione di oggetti di uso comune, modellati con maestria e sapienza, carica di simboli, si caratterizza
per la rigorosa ricerca formale e per la suggestione dei contenuti.
Le sue terracotte, smaltate e decorate o ingobbiate e bianchettate, ci permettono di leggere qualcosa di molto
profondo e ci trasportano in una dimensione spirituale.
A dimostrazione, invece, della rivisitazione operata da Domenico Pinto della tradizione ceramica grottagliese
ci sono le opere in mostra presso La Casa degli Artisti in Gallipoli dal 22 al 29 luglio prossimo sotto il titolo
“La Corte di Federico II di Svevia”.
Dopo anni di ricerca e di studio, stimolati dall’incontro con lo scultore abruzzese Francesco Marino Da Piano
incontrato a Parigi e proprietario di una nutrita collezione di libri sul tanto discusso imperatore re di Napoli,
di Sicilia e di Germania, Pinto dà vita a una serie di figure del filone federiciano rappresentate in tutta la
loro regalità e il loro splendore.
C’è il fedele funzionario Pier delle Vigne, ci sono i guerrieri e i personaggi riconducibili alla sfera politica
del sovrano, ma ci sono soprattutto le sue donne: la madre Costanza d’Altavilla, la prima moglie Costanza d’Aragona,
Iolanda di Brienne e Bianca Lancia con cui ebbe una storia.
In questo suo discorso innovativo, Domenico Pinto è partito dalle tradizionali “pupe” grottagliesi, bottiglie dalla
figura femminile nelle quali si conservava il rosolio e le ha trasformate in personaggi federiciani modellando
sapientemente la terracotta, curando i dettagli, giocando con il simbolismo; anche le capigliature, il disegno
delle stoffe e la ricostruzione dei gioielli sono frutto di uno studio che va avanti da sette anni.
Per questa collezione federiciana, la quinta in ordine di tempo, l’artista ha modificato in parte il procedimento
di lavorazione puntando molto sui colori; le vernici alcaline adoperate, infatti, conferiscono alle figure una
grande lucentezza e poi la tecnica cosiddetta del terzo fuoco che punta sull’applicazione dell’oro zecchino cotto
a 700°, tra l’altro adoperato con discrezione e solo nelle zone giuste, si rivela quanto mai efficace e dà grande
risalto ai particolari.
La ricerca avviata dall’artista non si esaurisce qui; il sogno di Domenico Pinto di far affermare la cultura
pugliese, dando alla ceramica un senso, una storia e una identità, è quello di arrivare a produrre l’oggettistica
medievale riferita al mondo dell’imperatore Federico II; in questo modo si porterà avanti anche il discorso, già
avviato, del recupero della memoria storica se si considera, tra l’altro, che il luogo dove oggi sorgono le 41
botteghe d’arte grottagliesi – chiamato Quartiere Giudecca – è la zona dove proprio Federico II, con un editto
del 1213, fece sistemare gli Ebrei che qui conciavano le pelli e soprattutto lavoravano la ceramica.

CRISTINA PAGLIARINI

Inaugurazione: Domenica 22 Luglio ore 21,00
Durata: dal 22/07/2007 al 29/07/2007
Apertura al pubblico: tutti i giorni dalle ore 18,30 alle 22,00; Ingresso Libero